VENIAMO DA LONTANO.
Il Club
Alpino Italiano nasce il 23 ottobre 1863 "nel Castello del
Valentino, in Torino, all'una pomeridiana", come si legge nel
"processo verbale della prima adunanza dei soci ". Un documento
assai scarno, da vecchio Piemonte. La seduta costitutiva dura circa
tre ore, con l'approvazione dello statuto e la nomina dei
"direttori", ossia dei primi dirigenti.
A presidente viene eletto un nobile, il barone Ferdinando Perrone di
San Martino, relativamente giovane, elegante, occhi profondi, ampi
baffi di sverzino arricciati in punta, come s'usava.
All'adunanza "molti vennero da lontano". Sembra che i fondatori
siano stati circa duecento ma la distinta esatta non ci è più
pervenuta.
Il seme però viene gettato bene. E produce.
Quella dell'ottobre 1863 è la costituzione, per così dire,
"burocratica" del Club alpino italiano. La vera fondazione risale a
qualche mese prima (il 12 agosto 1863) quando Quintino Sella,
scienziato e statista biellese, sale al Monviso con tre amici. Sulla
montagna che dà vita al Po, in Quintino Sella nasce l'idea di
radunare gli alpinisti italiani in un Club come era avvenuto l'anno
prima in Gran Bretagna e in Austria, e pochi mesi avanti in
Svizzera.
All'inizio il Club alpino italiano ha una sede unica, a Torino. Poi
sorgono le prime "succursali": Aosta, Varallo, Agordo, Firenze,
Domodossola, Napoli, Susa, Chieti, Sondrio, Biella, Bergamo, Roma,
Milano, Auronzo, L'Aquila, Cuneo, Tolmezzo, Intra, Lecco ecc. Come
si vede il respiro diventa subito. nazionale: grandi città e piccoli
centri, dalle Alpi al Mezzogiorno.
Dopo la prima guerra mondiale confluiscono nel Club alpino italiano
due importanti sezioni già ricche di storia e di attività: la
Società degli Alpinisti Tridentini e la Società Alpina delle Giulie.
La vita ultrasecolare del Club alpino italiano è fatta soprattutto
di entusiasmo e di volontariato. Sono queste le forze trainanti che
hanno reso possibile un ampio ventaglio di realizzazioni a favore
della montagna e dei suoi frequentatori: rifugi, bivacchi, sentieri,
rimboschimenti, opere sociali.
Per facilitare concretamente la pratica dell'alpinismo il Club
alpino italiano crea le guide: sia gli uomini (con la specifica
formazione dei valligiani), sia i libri (con la descrizione
dettagliata dei diversi gruppi montuosi).
A cavallo del secolo si va però affermando un nuovo genere di
alpinismo: quello dei "senza guida". Nascono così - e siamo
all'inizio del Novecento - le prime associazioni che daranno vita al
Club Alpino Accademico Italiano, con lo scopo di creare affiatamento
e unione di esperienze, nonché di promuovere l'ammaestramento
pratico alle grandi ascensioni, lo studio e la descrizione di
regioni d'alta montagna, la costruzione di piccoli rifugi, ecc.
Numerose sono le Sezioni che organizzano scuole e corsi di alpinismo
favorendo in tal modo un elevatissimo numero di giovani che si
accostano alla montagna con sicurezza e simpatia.
Il soccorso alpino è vecchio quanto l'alpinismo, ma negli anni
Cinquanta (dapprima nel Trentino poi in tutta Italia) viene
organizzato con criteri e mezzi moderni. Divenuto attività peculiare
del Club, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico assume
il ruolo vero e proprio di un servizio di protezione civile, non
solo per gli alpinisti ma per tuffa la gente di montagna.
Infine, in questo succinto compendio del "curriculum vitae" del Club
alpino italiano, non possiamo dimenticare le spedizioni
extraeuropee. Una per tutte: la vittoria sul K2, la seconda montagna
della Terra, conquistata nel 1954 da Achille Compagnoni e Lino
Lacedelli. Un settore questo, dell'attività alpinistica negli altri
Continenti, in costante espansione. Per tale motivo il Club alpino
italiano ha acquistato il CISDAE (Centro Italiano Studi e
Documentazione Alpinismo Extraeuropeo) realizzato dallo scrittore e
fotografo Mario Fantin. Nella nuova sede di Torino il CISDAE è a
disposizione di tutti (alpinisti, studiosi, ricercatori, non solo
italiani) per consultazioni e informazioni.
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